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San Gerolamo e il leoneSaint Jerome and the Lion
ColantonioColantonio
Museo e Real Bosco di CapodimonteNational Museum of CapodimonteMusée Capodimonte et Real Bosco, NapoliNaplesNaples, ItaliaItalyItalie
Olio su tavolaOil on wood, 151 x 178 cm., anno 1445 - 1446

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La tavola, che costituiva la parte centrale di un grande retablo a due piani con pilastrini popolati dalle figure dei beati francescani, oggi dispersi fra varie collezioni private, destinata all’altare della chiesa di S. Lorenzo Maggiore, è attribuita a Colantonio, che operò a Napoli tra il 1440 e il 1470 circa. Era quella la fervida stagione di regno dell’ultimo sovrano angioino Renato (1438-42) e del primo sovrano aragonese Alfonso il Magnanimo (1442-58), quel periodo fecondo in cui a Napoli il realismo analitico, l'attenzione agli effetti ottici, l’imitazione fedele della natura propri della cultura fiamminga si incontrano con l'influsso catalano, in un clima di fecondi scambi culturali, ma anche commerciali e politici, tra il Nord Europa e l’Italia del Sud. Nell'opera sono, infatti, evidenti l’impianto di matrice franco-borgognona ispirata a  Jan van Eyck, ma anche ricordi del provenzale Barthélemy d’Eyck, che lavorò presso la corte aragonese fra il 1438 e il 1442. La Legenda Aurea, di Jacopo da Varazze, narra la storia del leone ferito curato da San Girolamo, nata come episodio della vita dell'anacoreta San Gerasimo, e con affinità con quella del romano Androclo. La scena si uniforma alla tradizionale rappresentazione del santo o del letterato nello studio, l'ambiente definito nei minimi dettagli che diventa un topos nella pittura e nella miniatura dell'epoca e fa da sfondo a studiosi laici e religiosi. La stanza è un luogo di lavoro, come dimostra il disordine apparente dei volumi e degli oggetti che servono allo studio e alla composizione dell'opera letteraria. La figura del santo, ammantata nei pesanti abiti francescani per far riconoscere subito l'ordine a cui la tavola era destinata, degna di rispetto e onore per la barba canuta e il tranquillo atteggiamento pur nella strana incombenza a cui sta attendendo, viene però connotata anche dal tradizionale attributo del cappello cardinalizio poggiato su un tavolo, ma ben evidente, a ricordo del ruolo all'interno della chiesa. La parentela con l'analogo soggetto di Jan van Eyck. (1442, Detroit, Institute of Arts) è evidente nella cura dei dettagli e dell'ambiente, anche se l'interpretazione del rapporto tra Ambrogio e l'animale, mansueto e docile come un cagnolone, che porge la zampa per farsi togliere la spina, è quotidiana e domestica, lontana dall'assorta concentrazione e dalla nobiltà d'aspetto del santo, sia nella redazione fiamminga che nell'ieratica versione di Antonello da Messina (Londra, National Gallery) di cui, peraltro, Colantonio era stato maestro, dove l'elaborata struttura architettonica, rigorosamente prospettica, si unisce al minuzioso  realismo e ad una complessa trama di rimandi simbolici.

Testo di Giovanna Lazzi

©Tutti i diritti riservati 

This panel constituted the central part of a large, two-level altarpiece with pillars populated by figures of Franciscan monks, designed for the altar of the Church of S. Lorenzo Maggiore and now spread throughout various private collections. It is attributed to Colantonio, active in Naples between circa 1440 1470, the fervid season of the reign of the final Angevin sovereign Renato (1438-42) and the first Aragonese sovereign Alfonso the Magnanimous (1442-58). It was a prolific period for Naples as the analytic realism, attention to optical effects and faithful imitation of nature of Flemish culture encountered the Catalan influence, in a climate of productive cultural, but also commercial and political exchange between North Europe and South Italy. Indeed, the work displays the structure of the Franco-Burgundian matrix, inspired by Jan van Eyck, but also recalls the Provencal Barthélemy d’Eyck, who worked at the Aragonese court between 1438 and 1442. The Golden Legend, by Jacobus de Voragine, narrates the story of the wounded lion tended by Saint Jerome, starting as an episode in the life of the hermit Saint Gerasimus, with affinities to that of the Roman Androcles. The scene is coherent with the traditional portrayal of the saint or literary man in his studio, the setting defined in the finest detail so as to become a topos in painting and miniatures of the period and act as a background to lay and religious scholars. The room is a place of work, as is shown by the apparent disorder of the volumes and objects needed for study and the composition of the literary work. The figure of the saint is wrapped in heavy Franciscan drapes to make immediately clear the order the panel was designed for, worthy of honour and respect due to hoary beard and calm attitude, despite the strange task he is attending to; but he is also characterised by the traditional attribute of the Cardinal’s hat, placed on a table yet very evident, to recall his role within the church. Relationship with the analogous subject by Jan van Eyck (1442, Detroit, Institute of Arts) is clear in the care for details and environment, although the interpretation of the link between Ambrose and the animal, tame and sweet as a puppy, holding out its paw so the thorn can be removed, is everyday, domestic and far from the saint’s absorbed concentration and noble appearance in both the Flemish take and the hieratic version by Antonello da Messina (London, National Gallery), which Colantonio had however mastered, where the elaborate, rigorously perspectival structure joins meticulous realism and a complex weave of symbolical references.

Text by Giovanna Lazzi

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