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Madonna col bambino e sei angeliMadonna and Child with six AngelsVierge à l'Enfant et six Anges
Duccio di BoninsegnaDuccio di BoninsegnaDuccio di Boninsegna
Galleria Nazionale dell'UmbriaGalleria Nazionale dell'UmbriaGalleria Nazionale dell'Umbria, PerugiaPerugiaPerugia, ItaliaItalyItalie
Tempera su tavolaTempera on woodTempera sur bois, 96 x 64 cm., anno 1300 - 1305

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La tavola, conservata alla Galleria nazionale dell’Umbria di Perugia, proviene dal locale convento di San Domenico e si data fra il 1300 e il 1305. L’opera è ascritta a Duccio di Buoninsegna, eccelso rappresentante della pittura senese tra Due e Trecento. L’artista esegue il dipinto al valico tra una fase ancora di stretta vicinanza a Cimabue, forse suo maestro, e la realizzazione della Maestà bifronte per il Duomo di Siena (1308-11), il suo capolavoro. Il dipinto è pertanto una sintesi dei variegati intrecci figurativi assimilati dal pittore. Con la scelta del fondo oro si rimarca la predilezione di Duccio per l’arte bizantina, comune anche alla vena cimabuesca, così come le striature dorate che percorrono il manto della Vergine, il colorito degli incarnati, l’accentuato grafismo, le proporzioni gerarchiche. Si raffrontino in proposito la Madonna con il Bambino e i sei angeli disposti simmetricamente nella zona superiore del pannello. La dilatazione dell’impianto del gruppo principale, in grado di dominare spazialmente la scena, è riconducibile alle novità di Giotto. Segni peculiari del linguaggio dell’artista sono invece ravvisabili apprezzando l’elegante raffinatezza impiegata nel trattamento dell’aureola del Cristo fanciullo, delle trasparenze del velo della Vergine. Quest’ultimo dettaglio si registra a partire dall’“acconciatura della Madonna Stoclet, al di sotto del manto azzurro, in cui il pittore introduce la novità di sostituire l’arcaico maphorion rosso di tradizione bizantina con un più realistico panno bianco che, reimpiegato da Duccio stesso fino e oltre la grande Maestà, diverrà un motivo costante dell’iconografia mariana di tutto il Trecento senese, e non soltanto di quello” (F. Bologna). 

Testo di Maria Teresa Tancredi

©Tutti i diritti riservati 

The panel, conserved at Galleria nazionale dell’Umbria, Perugia, derives from the local convent of Saint Dominic and is dated between 1300 and 1305. The work is attributed to Duccio di Buoninsegna, an outstanding representative of Siena painting between 200 and 300. The artist creates the painting in balance between close intimacy with Cimabue, maybe his master, and making the double composition Maestà for Siena Cathedral (1308-11), his masterpiece. The work is, then, a synthesis of the manifold graphic strands the painter had assimilated. The choice for a gold background recalls Duccio’s preference for Byzantine art, but also the Cimabue vein, as in the golden streaks skirting the Virgin’s mantle, the complexion of the subjects, the emphasised graphics, and the hierarchic proportions. In this context the Madonna with Child is faced with six angels set out symmetrically in the upper part of the panel. The dilatation in the main group’s setting, able to dominate the scene spatially, can be traced back to Giotto’s innovations, while special features in the artist’s language appear by appreciating the refined elegance used in treating the young Christ’s halo and the transparency of the Virgin’s veil. This latter detail is noted from the “hairstyle of the Madonna Stoclet, beneath the blue mantle, in which the painter introduces the innovation in substituting the archaic red maphorion of Byzantine tradition with a more realistic white drape which would, reused by Duccio himself up to and beyond the great Maestà, become a constant motif in the Holy Mary iconography of all Siena’s 1300s, not only of this”.  

Text by Maria Teresa Tancredi

©All Rights Reserved 

Le retable est daté entre 1300 et 1305. Lartiste exécute cette peinture alors quil passe dune phase étroite de proximité encore avec Cimabue, peut-être son maître, et la réalisation de la Vierge en majesté à deux faces pour la cathédrale de Sienne (1308-11), son chef d’œuvre. Avec le choix de larrière-plan en or, on remarque la prédilection de Duccio pour lart byzantin, commun également à la veine de Cimabue, tout comme les stries dorées qui parcourent le manteau de la Vierge, le teint des carnations, le graphisme accentué, les proportions hiérarchiques. On peut confronter à ce propos la Vierge à lEnfant et les six anges disposés de manière symétrique dans la zone supérieure du panneau. La dilatation de lagencement du groupe principal, en mesure de dominer spatialement la scène, peut se rattacher aux nouveautés instaurées par Giotto. Des signes particuliers du langage de lartiste sont en revanche reconnaissables lorsque lon apprécie l’élégant raffinement employé dans le traitement de lauréole du Christ enfant et des transparences du voile de la Vierge.

Texte de Maria Teresa Tancredi

©Tous droits réservés 

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