La Madonna del garofano, creduto autografo di Andrea Verrocchio, maestro di Leonardo a Firenze, e rivendicato al genio vinciano dallo storico dell'arte Adolfo Venturi, il dipinto approda nelle collezioni dell’Alte Pinakothek di Monaco all’altezza del 1889. È opera rivelatrice di una inedita visione del paesaggio, qui disteso oltre le bifore retrostanti, concepito secondo i principi della “prospettiva aerea” elaborati da Leonardo osservando i fenomeni naturali. La saldezza plastico-volumetrica del gruppo principale, di chiara impronta scultorea, segnala la dipendenza dall’ambiente culturale del Verrocchio, rimarcato dalle nordiche accentuazioni lineari che connotano la figura della Vergine.
Testo di Maria Teresa Tancredi
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APPROFONDIMENTO
L’opera era stata descritta da Giorgio Vasari come "Madonna della Caraffa": «Fece poi Lionardo una Nostra Donna in un quadro, ch'era appresso papa Clemente VII, molto eccellente. E fra l'altre cose che v'erano fatte, contrafece una caraffa piena d'acqua con alcuni fiori dentro, dove oltra la maraviglia della vivezza, aveva imitato la rugiada dell'acqua sopra, sì che ella pareva più viva che la vivezza.»
In una stanza quasi buia, rischiarata da due bifore aperte che si spalancano sul paesaggio circostante, dove i picchi dei monti sfumano nella foschia in una luce chiarissima, i protagonisti affiorano dalla penombra colti da una luce frontale, che ne enfatizza la monumentalità. Maria affonda dolcemente la mano nel morbido corpo del Bambino e gli porge un garofano rosso, il fiore delicato sconosciuto al mondo antico e importato dalla Tunisia nel XIII secolo, allusione alla Passione ma anche al matrimonio mistico tra Cristo e la sua Chiesa. Secondo una leggenda le lacrime versate da Maria di fronte al figlio morto caddero a terra e si trasformarono in garofani. Gesù allunga le mani verso il fiore, il volto serio e presago del destino come malinconica e intensa è l'espressione nel volto della Madre. Il viluppo delle pieghe del mantello, disegnato con precisione scultorea, prepotente nello squillante giallo dorato del soppanno, e l'acconciatura elaborata con trecce ritorte che incorniciano il volto illuminato dalla trasparenza del velo di contro allo scuro del fondo, non contraddicono la delicatezza dell'espressione e dell'incarnato, anzi sembrano mitigare la severa compostezza della figura e le cadenze classiche della veste. L'abito si struttura all'antica secondo stilemi diffusi nella Firenze del tempo per figure allegoriche o mitologiche se non fosse per i dettagli di moda dello scollo e delle maniche della veste rossa, che spicca sotto il delicato azzurro della sopravveste, chiusa sul petto da una spilla con una corniola circondata dalle perle, simbolo di purezza, sovente presenti nei casti gioielli della Madonna. La saldezza plastica dei volumi di impronta scultorea rimanda alla bottega del Verrocchio con precisi riferimenti fiamminghi come la complessa illuminazione della stanza, la presenza del parapetto, la "natura morta" di quella "caraffa" di cristallo con fiori che aveva entusiasmato il Vasari.
Testo di Giovanna Lazzi
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Believed authentic by Andrea Verrocchio, Leonardo’s master at Florence, and claimed to the Vincean genius by art historian Adolfo Venturi, the picture enters the Munich Alte Pinakothek collection at the height of 1889. It is a work revealing an unreleased vision of the countryside, here spread beyond the arched windows behind, conceived according to the principles of “aerial perspective” elaborated by Leonardo observing natural phenomena. The plastic-volumetric strength of the main group, of a clear sculpture-like imprint, marks the dependence on the Verrocchiesque cultural environment, re-marked by the Nordic linear accentuations as connotation of the figure of the Virgin.
Text by Maria Teresa Tancredi
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Giorgio Vasari described it as the come "Madonna of the Carafe": «Leonardo then made an Our Lady in a painting, at Pope Clement VII’s, quite excellent. And among the other things he made for it, there was a carafe full of water with some flowers inside, where he imitated not only the marvel of liveliness, but also the dew of the water above, which seems more lively than life itself.»
In an almost dark room, enlivened by two double-arched windows opening onto the surrounding countryside, where the mountain peaks melt into the mist in clear light, the subjects emerge from the twilight, captured by frontal light that emphasises their monumentality. Maria’s hand sweetly reaches to the Child’s soft body and hands Him a red carnation. The delicate flower, unknown to the ancient world, was imported from Tunisia in the XIII century, and alludes to the Passion, but also the mystical marriage of Christ and His Church. According to legend, the tears Mary shed before her dead Son fell to the ground and turned into carnations. Jusus stretches His hands to the flower, his grave face adumbrating the His destiny, like the melancholic, intense expression on Mary’s face. The tangled folds of the cloak, painted with sculptural precision, overwhelming in the sharp, gilded yellow of the underlining, and the elaborate hairstyle, with twisted plaits surrounding the face, illuminated by the transparency of the veil as against the dark background, do not contradict the delicacy of the expression and the subject; they actually seem to mitigate the severe poise of the figures and the classical cadences of the clothes. The attire is structured in the ancient way, according to styles spread around the Florence of the period for allegorical or mythological figures, but for the fashion details of the collar and sleeves of the red dress, standing out under the delicate blue of the overgarments, closed on the breast by a pin with a cornelian surrounded by pearls, symbol of purity, often present in the chaste jewels of the Madonna. The plastic, sculptural firmness of volumes recalls Verrocchio’s workshop, with con precise Fleming references such as the overall illumination of the room, the presence of the parapet, the “still life” of that crystal “carafe” with flowers that won Vasari’s acclaim.
Text by Giovanna Lazzi
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